2009: Anno dei Longobardi - I Mercoledì Archeologici
Ciclo di conferenze c/o scuola “Vicinanza" fino al 3 giugno
Data pubblicazione 25/03/2009
2009: Anno dei Longobardi - I Mercoledì Archeologici
Goti, Bizantini e Longobardi in Campania tra tardoantico e Altomedioevo
Ciclo di conferenze - Aula Magna - Istituto Scolastico “G. Vicinanza”
Corso Vittorio Emanuele, 153 - Salerno - 25 marzo - 3 giugno 2009
Mercoledì 3 giugno - ore 18.30 - Vito LORÉ - Storico, Università degli Studi di Roma
La SS.Trinità di Cava e i principi longobardi di Salerno.
Gruppo Archeologico Salernitano
tel./fax 089/337331 (segreteria) - cell.re 338/1902507
Per info: [email protected]
GOTI, BIZANTINI E LONGOBARDI IN CAMPANIA TRA TARDOANTICO E ALTOMEDIOEVO
Il ciclo di conferenze dal titolo ‘Goti, Bizantini e Longobardi in Campania tra Tardoantico e Altomedioevo’ è stato organizzato dal Gruppo Archeologico Salernitano in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività culturali – Soprintendenze per i B.A.P.e B.S.A.E. di Salerno- Avellino, Università degli Studi di Salerno e Gruppi Archeologici d’Italia e si avvale del patrocinio di Regione Campania, Provincia e Comune di Salerno e Ente Provinciale per il Turismo. Il progetto prevede la valorizzazione e la promozione del Complesso Monumentale di San Pietro a Corte attraverso quelle iniziative culturali che saranno realizzate nel 2009, scelto da questa associazione come anno dei Longobardi per sostenere la candidatura UNESCO del sito seriale “Italia Langobardorum”.
Il ciclo avrà inizio il 25 marzo e terminerà il 3 giugno c.a.. Tutte le conferenze, come da programma allegato, si terranno presso la prestigiosa Aula Magna dell’Istituto scolastico “G. Vicinanza” – corso Vittorio Emanuele, 153. La maggior parte del programma è dedicata alla stirpe dei Longobardi e della loro permanenza in Italia meridionale, e in particolar modo nella Città di Salerno. L’invasione nella penisola italiana avvenne attraverso il suo con?ne nordorientale, la valle del Vipacco, nell’anno 568. Questo esercito, formato da varie etnie, fu guidato dal re Alboino e proveniva dalla Pannonia, ?no a quel momento ultima tappa di una plurisecolare migrazione partita dall’estremo nord del continente europeo.
Si riversarono alla ricerca di migliori condizioni di vita in un’Italia che, sebbene prostrata dalla quasi ventennale guerra vinta dai Bizantini sui Goti (535-553), si offriva pur sempre come un paese ricco e perciò appetibile. La conquista del suolo italico da parte dei nuovi arrivati si svolse, almeno nei primi tempi, in un modo tanto traumatico per la popolazione romana ed eversivo dei vecchi ordinamenti quanto disordinato e incoerente sul piano territoriale, svolgendosi per iniziativa di bande di guerrieri che agivano sotto la guida dei propri capi militari, con sostanziale autonomia rispetto alla ridotta capacità di coordinamento dell’autorità regia. Il numero complessivamente esiguo dei longobardi, il desiderio (o la necessità) di evitare di scontrarsi con le piazzeforti nemiche meglio difese, la debole piani?cazione della campagna di conquista, produssero una distribuzione disomogenea degli insediamenti, con un’evidente concentrazione nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale (ma con esclusione delle coste adriatica e tirrenica e pure di molte enclaves nell’entroterra). Nel centro-sud, vennero presi lo spoletino e il beneventano, nel cui Ducato si ritagliò uno spazio importantissimo la nostra città di Salerno al punto da diventare nell’849 capitale di Principato. Infatti, nel suo centro storico, in uno spazio urbano che conserva ancora oggi il toponimo di “Antica Corte”, si trovano le vestigia di un magnifico palazzo di età longobarda (VIII sec.) che fu la reggia principesca del duca di Benevento, Arechi II.
La ricerca archeologica, effettuata tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, ha messo in evidenza un unicum di elevati murari riferibili ad un edificio di architettura civile longobarda. All’interno delle murature, in una delle sale principesche pavimentate in opus sectile e decorate da mosaici parietali a tessere policrome e dorate, si spegneva il 26 agosto 787 una delle persone più illuminate dell’Alto Medioevo italiano e, in particolare, della storia dei Longobardi, Arechi II, il princeps gentis langobardorum che con accorto ingegno politico, nonostante la disfatta inflitta nel 774 da Carlo Magno a Desiderio, assicurò al suo popolo, per altri tre secoli, le condizioni di quasi incontrastato dominio dell'Italia meridionale. Alcune principali fonti storiche tracciano il profilo storico-politico del facundus duca-principe: Quod logos et phisis moderansque quod ethica pangit, omnia condiderat mentis in arce sue (armonizzando le conoscenze filosofiche, scientifiche ed etiche, tutto aveva serbato nella roccaforte della sua mente, PAOLO DIACONO dall’ epitaffio del principe Arechi II - † 26 agosto 787).
Stirpe ducum regumque satus, formosus, validus, suabis, moderatus et acer, facundus, sapiens (di stirpe ducale e discendente da re, bello, forte, soave, equilibrato e ardente, eloquente, dotto, dal Chronicon Salernitatum, c. 20). Vir christianissimus, ac valide illustrissimus, atque in rebus bellicis strenuissimus (uomo cristianissimo, e illustre assai, e valorosissimo nelle imprese belliche, ERCHEMPERTO, Historia, c. 2).
Il citato, illustre personaggio, Paolo di Warnefrido detto Diacono perché monacatosi a Montecassino, alto dignitario della corte arechiana, precettore di Adelperga, figlia di Desiderio e moglie di Arechi II, e l’Anonimo del Chronicon Salernitanum (sec. X) tramandano lo splendore delle architetture ordinate per Salerno dal principe che già a Benevento aveva fatto ampliare le mura e costruire la chiesa di S. Sofia, chiesa Madre di tutti i Longobardi meridionali. La rifondazione arechiana di Salerno scaturì da diverse esigenze politiche, strategiche ed economiche, fra le quali, non ultima, dotare la regione di una seconda città ben fortificata oltre Benevento, che resterà ancora capitale del vasto ducato meridionale fino all’849 allorquando avvenne di fatto la divisione del Ducato in due Principati (Radelgisi et Siginulfi principum divisio ducatus Beneventani).
A Salerno Arechi riprese le mura di difesa sulla collina del Bonadies e per sé ed il suo governo costruì un palatium a cavallo delle mura, verso il mare, e vi pose la sua cappella privata dedicata ai santi Pietro e Paolo.
In corrispondenza degli ambienti romani e tardoantichi sottostanti l’attuale piano stradale, fu costruita la soprastante aula palatina del principe Arechi II, retta da pilastri e semipilastri, che doveva svettare sull’intera città medievale. L’anonimo autore del Chronicon Salernitanum tramanda che Arechi “…Palaccium construxit et ibidem in aquilonis parte ecclesiam in honorem beatorum Petri et Pauli instituit”, cioè costruì un palazzo e pose a nord di esso una chiesa in onore dei santi beati Pietro e Paolo. (foto 3)
Nel corso di recenti restauri, al di sotto degli stucchi barocchi sono venute alla luce le geometrie sepolte di strutture longobarde, con finestre, trifore e bifore, le quali sono state liberate dai riempimenti di tamponatura recuperando totalmente l’intera parte nord e mettendo in luce apparati decorativi di pregevole fattura sulle pareti e sui sottarchi. Tali resti monumentali si configurano come uno dei principali documenti architettonici della Salerno medievale e tra i documenti dell’architettura longobarda presenti in Europa, costituiscono un esempio unico di edificio palazziale. All’interno dell’aula palatina, sulla parte alta delle pareti, correva un fregio continuo di marmo che recava incisi i versi composti da Paolo Diacono per invocare la protezione di Cristo sull’opera e sulla persona di Arechi II (titulus). L’epigrafe, realizzata con una tecnica che prevedeva l’inserimento di lettere in bronzo dorato, riproduce in maniera straordinaria l’uso romano proprio dei monumenti celebrativi, e adottò tuttavia come unità di misura il piede longobardo. Nei pezzi recuperati si legge, in perfetta capitale imperiale: […] GE DUC CLEME[NS] […] che nella lezione Ughelli, ripresa dal Dümmler con alcune correzioni e poi dal Neff, fanno parte dell’esametro DUC, ET EDUC CLEMENS ARICHIS PIA SUSCIPE VOTA mentre nella raccolta delle epigrafi salernitane, rimasta manoscritta, dell’erudito Luigi Staibano realizzata intorno al 1875, è più correttamente riportato DUC AGE DUC. Staibano avrebbe visto i resti del titulus accantonati, come si dice, in un locale laterale della chiesa. Gli stessi resti epigrafici, durante la campagna di scavo degli anni ottanta portata avanti dall’Università di Salerno - Dipartimento latinità e medioevo, diretta dal prof Paolo Peduto, furono fortunosamente visti e salvati dallo stesso mentre erano destinati a essere portati altrove, probabilmente in una discarica.
Un ulteriore legame con il mondo classico è dato dal pavimento in opus sectile, del quale sono state rinvenuti numerosi frammenti, che consentono la restituzione di un litostrato a figure geometriche che riprende il repertorio delle maestranze romane. L’insieme degli elementi consente l’apertura di una riflessione sui rapporti della cultura longobarda salernitana con l’antichità: ci si trova di fronte ad eventi non occasionali, bensì a un recupero consapevole di tecniche che evocano la cultura classica, con un processo analogo a quello attuato nello stesso volgere di anni dagli intellettuali e dagli artigiani della corte di Carlo Magno, che negli anni a seguire la conquista del regno longobardo del nord e delle popolazioni che allora occupavano l’Europa occidentale ed orientale (Sassoni e Avari), va indicato con il termine di “Rinascita carolingia”. La saggezza di un sovrano illuminato quale fu Carlo Magno è stata di portare alla corte franca i maggiori artisti e letterati del tempo, Alcuino di York, Pietro da Pisa, Paolo Diacono e lo stesso cantore delle sue gesta, Eginardo. Sorge, così, spontanea la considerazione che anche alla corte di Arechi II a Salerno, dove dimorò a lungo Paolo Diacono prima di trasferirsi alla corte franca ad Aquisgrana, si sia respirata un’analoga aria di rinnovamento di cui sembra fare testimonianza la nascita della scrittura cosiddetta “beneventana” quasi in concorrenza con la “minuscola carolingia”. Un altro esempio si trova nelle tecniche costruttive del palazzo longobardo di Salerno che va ad ispirarsi al modello teodoriciano di Ravenna e detta i tempi e i modi per la reggia di Aguisgrana, che viene costruita dopo che, nel 775, le ambascerie franche sono giunte ed ospitate nel palazzo arechiano di Salerno e dopo l’arrivo nel 776 nel regno franco di Paolo Diacono, trattenuto in quel luogo fino al 779, anno in cui si ritira nel monastero di Montecassino e scrive l’Historia Langobardorum. L’adesione culturale da sottolineare toutcourt è che tutti e tre questi edifici si ispirano ai modelli delle domus imperiali romane di età tardo-antica. Nel Complesso di S. Pietro a Corte i lavori di consolidamento degli ambienti attualmente ipogei, resi necessari a seguito del sisma del 1980, seguì la rimozione dei riempimenti formatisi a partire dalla fine del XVI secolo, allorquando i livelli stradali dell'età moderna erano già cresciuti di circa sei metri rispetto al livello di frequentazione del VII-VIII secolo.
Fin dai primi interventi di restauro fu individuato un piano termale (frigidarium) del I-II sec. d.C., successivamente occupato a partire dal V secolo da un edificio di culto cristiano. Prima dell'intervento di Arechi, Salerno era già una città piuttosto attiva, come si intuisce dalla circolazione delle numerose monete gote e bizantine conservate nel Museo Archeologico Provinciale, con i conî di Giustino I, di Giustiniano, di Atalarico e di Eraclio. Ad esse vanno aggiunte le rare epigrafi del V, VI e VII secolo, pertinenti all’uso cimiteriale della prima chiesa, che chiariscono l’uso da parte di famiglie di origine romana, greco-bizantina, gota, come attestato dai nomi di Socrates, Theodenanda, Eutychia, Verulus e Albulus..
La città, nonostante il susseguirsi di alluvioni - la più antica è ricordata tra la fine del secolo IV e gli inizi del V - è vitale già prima del 774, quando Arechi II, costretto a riorganizzare i suoi domini dopo il crollo del regno di Desiderio, decise di farne uno dei punti cardini della ristrutturazione economica del Ducato. Egli accolse i profughi dal Nord, reliquias gentis Langobardorum, e diede loro l’honor della comitiva, nobiliter et honorifice; trovarono non più resti dispersi di un popolo sconfitto, ma eredi di una stirpe da rinvigorire, donò vallate e nuove terre da dissodare, costruendo al contempo monasteri e chiese dove manifestare la propria religiosità.
Ora le città del Ducato sarebbero diventate centri propulsori per l'economia e l'autonomia della nazione sarebbe stata rinnovata. Tale risoluzione si integrava nella tradizione politica di Bisanzio, dove gli imperatori, fin dal termine della ormai lontana guerra contro i Goti, avevano perseguito, con alterna fortuna, la ristrutturazione dei centri urbani delle province proprio per riorganizzarne il tessuto economico.
Da Paolo Diacono ad Erchemperto, a Leone Ostiense, al Chronicon Salernitanum, l'esaltazione dell'azione di structor di Arechi fu comune e continua e, allora come oggi, poteva essere emblematicamente riassunta dal Palatium, simbolo del potere e della cultura dei Longobardi del Sud.
Il Gruppo Archeologico Salernitano, associazione ONLUS di volontariato per la valorizzazione e la tutela dei beni culturali, dal 2001 gestisce il Complesso monumentale in convenzione con il Ministero dei BB.CC. - Soprintendenza per i B.A.P.P.S.A.E. di Salerno e Avellino, e promoziona e valorizza il sito attraverso manifestazioni, convegni, mostre e visite guidate ed è auspicabile che a breve, quando verrà completato il restauro della parte superiore del Complesso, l’antica aula del trono possa diventare un degno spazio museale, un antiquarium della cultura dei Longobardi del Sud come già richiesto dalla nostra Associazione ai vari Soprintendenti, e condiviso dal Comune di Salerno e dalla locale Università degli Studi.
Gruppo Archeologico Salernitano