OLGA NAPOLI, dipinti
Palazzo Sant'Agostino, fino al 17 gennaio
Data pubblicazione 03/12/2008
Sabato 13 dicembre, alle ore 18,30 nel Salone Bottiglieri di Palazzo Sant’Agostino, sede della Provincia di Salerno, il Presidente Angelo Villani inaugura la mostra retrospettiva OLGA NAPOLI, DIPINTI, figura d’artista certamente tra le più rappresentative della pittura meridionale dell’immediato secondo dopoguerra, poco nota alle giovani generazioni. La mostra, curata da Massimo Bignardi, storico e critico d’arte docente presso l’Università di Siena, è stata promossa dall’Ente Provincia, con il patrocinio del Comune di Salerno, della Camera di Commercio e dallo Studio OMNIA Architettura di Genova.
«Nel piano di rilettura delle pagine dell’arte salernitana del Novecento – osserva il Presidente Villani, aprendo i testi del catalogo monografico edito da Electa –, alle quali la Provincia guarda con estrema attenzione attraverso la promozione di mostre e di eventi, s’inserisce la vicenda di Olga Napoli, pittrice attiva nei difficili anni che la nostra terra ha vissuto tra gli anni Quaranta e primi del decennio successivo. Le sue scelte artistiche sono state dettate sempre da uno spirito nuovo, arricchito di quei fertili venti respirati dalla cultura europea [...] ».
Una scelta spesso in controtendenza rispetto allo scenario locale e napoletano, ambito nel quale persistevano dettati pittorici che risentivano della lontananza, soprattutto nel corso degli anni Trenta quando la Napoli fa il suo primo ufficiale esordio nel 1933, dalle «le fonti di informazione, anche indirette – annota Ezia Gavazza nel testo introduttivo –, per il silenzio culturale di quegli anni difficili e volti in direzioni univoche. Resta la natura a suggerire le emozioni per la pittura, una pittura capita non come momento imitativo, ma come creatività. Questo certamente la prima istanza di Olga Napoli per l’operazione pittorica. Se un fiore, una natura morta di frutti, la visione del paesaggio si trasformano in immagini, sono l’urgenza dello spazio compositivo studiato per piani di profondità, la dimensione della presa immediata dell’impatto visivo, il taglio scorciato degli elementi della veduta che mutano la visione reale in una realtà ottenuta coi mezzi della pittura. [...] ».
Con lo sguardo ad una storiografia che non rinuncia alla propria identità critica, impegnata, dunque, a calarsi nella concretezza dell’opera complessiva di un artista «va inquadrata – scrive Massimo Bignardi nel saggio storico-critico – la vicenda di Olga Napoli la cui esperienza artistica s’intreccia con quella umana e con gli eventi e le problematiche interne alla società salernitana tra le due guerre e il primo decennio della ricostruzione, operata immediatamente dopo il 1945: una esperienza la sua che, se nei primi anni di attività espositiva trova simmetrie con altre personalità, si fa subito percorso autonomo, proiettato verso un confronto con altre realtà nazionali. La sua, sin dalle prime partecipazioni a mostre collettive, si delinea come una scelta di professione, con una chiara identità all’interno della giovane compagine che si presenta alla “II Mostra d’Arte Salernitana”, ospitata nel nuovo plesso del Liceo ginnasio “T.Tasso” di Salerno, nella primavera del 1933 [...]Una ‘nuova realtà’ di artisti e di artiste che, fatta eccezione per Manfredi Nicoletti attento ad esiti più coraggiosi e meno demagogici del Novecento italiano o a Biagio Mercadante sostanzialmente legato all’ambiente artistico napoletano più colto – penso ad Eugenio Viti –, declineranno una pittura velata da atmosfere intimiste, da una figurazione intrisa di un gusto umbertino, di un ampolloso classicismo, oppure com’è nel caso delle esperienze di artiste, ferma ancora a ripetere imagerie proprie dei maestri locali [...]. A distanza di oltre cinquant’anni dalla morte, avvenuta nella sua casa romana nel 1955, questa prima esaustiva retrospettiva tenta di ricostruire i tratti fondamentali della vicenda artistica di Olga Napoli, partendo dal confronto diretto e dall’analisi del vasto patrimonio di opere, in gran parte inedite o poco note, conservate dagli eredi: un fondo composto da circa duecento dipinti distribuito tra Genova e Salerno dal quale provengono tutti quelli, o quasi, che danno vita a questa mostra e qui documentate. È la ricomposizione di un mosaico che segue la lettura in presa diretta delle fonti primarie, vale a dire i dipinti, i disegni, mettendole a confronto con la documentazione, con i cataloghi, con le brevi recensioni apparse sui quotidiani del tempo o con le testimonianze di figure della cultura salernitana [...] È un mosaico che segue la traccia offerta dal certosino lavoro di catalogazione condotto in questi anni, senza cedere alla celebrazione anzi con estremo rigore filologico, dalle figlie Rosa e Carmela Avagliano, al quale va ad aggiungersi la verifica della cronologia condotta da chi scrive sulla base di un’attenta analisi comparativa che ha permesso la compilazione di un catalogo parziale, al quale, in futuro, potranno andare ad aggiungersi le opere vendute dall’artista, sparse tra Milano, Torino, Bari la cui collocazione è, ad oggi, sconosciuta. [...] ».
Dal percorso espositivo, continua Bignardi, tracciato da settanta dipinti, in gran parte provenienti dalle collezioni degli eredi distribuite tra Salerno e Genova, emerge il profilo di «un’artista pienamente consapevole del suo lavoro, sostenuta dalla creativa imprenditorialità di Vincenzo Avagliano che sposerà nel 1949, interessato, proprio perché anche giornalista, all’uso intelligente ed attivo della comunicazione a mezzo stampa ma anche al cinema, insomma a tutto ciò che immetteva l’esperienza artistica e il suo prodotto nel circuito della promozione. Questo accadeva in un contesto sociale e culturale segnato dalla volontà o, meglio, dalla necessità di rinascita che soffiava sul Mezzogiorno all’indomani del 1944, ovvero da quando a Salerno s’insedia il governo Badoglio, primo passo verso la ritrovata libertà. Un contesto che, nel giro di pochi anni – a partire dalle mostre della Ricostruzione, del 1946 e poi del 1947 inaugurata da De Gasperi – e per l’intero decennio Cinquanta, registrerà l’avvio e lo sviluppo dell’economia salernitana e non solo».
La sua pittura, negli anni di maggiore vitalità, vale a dire all’alba del decennio Cinquanta, registrerà una rinnovato impaginato, segnato da una nuova tavolozza ove il colore perde l’impronta locale tanto meno asseconda modulazioni chiaroscurali tendenti a definire i volumi, racchiusi in un ben costruito disegno di fondo, bensì si fa schermo che riflette e spande liberamente la luce, «dando ad essa – conclude il critico – una forza di matrice espressionista che l’avvicina agli impianti degli interni di Francesco Menzio, a tal proposito penso a Finestra con figura, dipinto esposto da quest’ultimo in occasione della Mostra dell’Arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia, del 1953, nella quale la Napoli sarà presente,con la tela Costiera di Amalfi. Una costruzione per piani che si fa raffinatissima nelle due versioni di Rotonda balneare e in Alba rosa, tutte del 1952 ed esposte nella personale al Circolo degli Artisti di Torino, nel maggio del 1953: qui la pittura dell’artista salernitana raggiunge il punto di maggiore contatto con la cultura figurativa italiana più aggiornata che traeva nuova linfa dalla riscoperta dell’esperienza fauve, facendo raggiungere al colore una massima luminosità cifra di una felicità interiore, ad una gioia esplosa quale manifestazione di un originario prendere conoscenza del mondo».
OLGA NAPOLI nasce a Salerno il 2 luglio 1903, da Michele, di professione orafo, e Carmela Di Giovanni. Prima di quattro fratelli, la sua fanciullezza è segnata da molti lutti; perde infatti la madre e due fratelli ed è affidata alle cure degli zii Rosa Napoli e Giuseppe Cunzolo. A sette anni viene mandata in collegio, da cui uscirà ventenne, nel 1923, dopo aver conseguito all’Istituto Magistrale “Regina Margherita” la licenza e il diploma di abilitazione all’insegnamento elementare. Nel 1925 sposa Attilio Argenziano e si trasferisce per due anni a L’Aquila .Nel 1932 espone per la prima volta i suoi dipinti in occasione della Mostra d’Arte promossa dal Circolo “Donne Artiste e Laureate”; nel 1933 partecipa alla II Mostra Salernitana d’Arte, allestita presso il Liceo Classico “Torquato Tasso” di Salerno, mentre del 1935 è la presenza alla Mostra Annuale d’Arte del Circolo Artistico “Gaetano Esposito” ove, nel 1942 tiene una personale esponendo ben trentotto lavori. Del 1944 è quella allestita nei locali della Croce Rossa Italiana di Salerno ed inaugurata il giorno 12 febbraio, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Maresciallo Badoglio e dal Governatore Militare Alleato, Colonnello Robertson. Nel 1947, espone alla II Rassegna della Ricostruzione, organizzata a Salerno. Nel 1948 è invitata alla I Mostra Annuale Nazionale d’Arte, organizzata a Cava de’ Tirreni; nello stesso anno muore il marito, Attilio Argenziano.
Il 16 aprile del 1949 sposa Vincenzo Avagliano nel Municipio di Salerno; del 1950 è la personale alla Galleria ‘La Tavolozza’ di Napoli; in agosto partecipa al IV Premio Nazionale di Pittura ‘Michetti’ di Francavilla al Mare. Nel 1951 è presente alla I Mostra di Pittura ‘Maggio di Bari’, ed è nuovamente invitata al Premio Nazionale di Pittura ‘Michetti’, di Francavilla al Mare. Nel 1952 si apre a Milano la mostra personale, presso la Galleria Gavioli con quaranta opere esposte; nel 1953 sue opere sono presenti nella Mostra L’Arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia, allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Alla fine di maggio dello stesso anno tiene una personale al Circolo degli Artisti di Torino, nella Saletta della Tampa. Sempre in maggio, prende parte alla Mostra del Premio Manerbio, che si tiene a Roma, in Palazzo Venezia, e in estate partecipa al VII Premio Nazionale di Pittura ‘Francesco Paolo Michetti’, a Francavilla al Mare. Nel 1954 è tra i selezionati della Biennale di Venezia, mentre in giugno prende parte alla II Rassegna del disegno italiano contemporaneo, allestita nelle Logge degli Uffizi, ed espone all’VIII Premio Nazionale di Pittura ‘Michetti’, a Francavilla al Mare. Il 15 maggio del 1955 si spegne nella sua casa romana.
«Nel piano di rilettura delle pagine dell’arte salernitana del Novecento – osserva il Presidente Villani, aprendo i testi del catalogo monografico edito da Electa –, alle quali la Provincia guarda con estrema attenzione attraverso la promozione di mostre e di eventi, s’inserisce la vicenda di Olga Napoli, pittrice attiva nei difficili anni che la nostra terra ha vissuto tra gli anni Quaranta e primi del decennio successivo. Le sue scelte artistiche sono state dettate sempre da uno spirito nuovo, arricchito di quei fertili venti respirati dalla cultura europea [...] ».
Una scelta spesso in controtendenza rispetto allo scenario locale e napoletano, ambito nel quale persistevano dettati pittorici che risentivano della lontananza, soprattutto nel corso degli anni Trenta quando la Napoli fa il suo primo ufficiale esordio nel 1933, dalle «le fonti di informazione, anche indirette – annota Ezia Gavazza nel testo introduttivo –, per il silenzio culturale di quegli anni difficili e volti in direzioni univoche. Resta la natura a suggerire le emozioni per la pittura, una pittura capita non come momento imitativo, ma come creatività. Questo certamente la prima istanza di Olga Napoli per l’operazione pittorica. Se un fiore, una natura morta di frutti, la visione del paesaggio si trasformano in immagini, sono l’urgenza dello spazio compositivo studiato per piani di profondità, la dimensione della presa immediata dell’impatto visivo, il taglio scorciato degli elementi della veduta che mutano la visione reale in una realtà ottenuta coi mezzi della pittura. [...] ».
Con lo sguardo ad una storiografia che non rinuncia alla propria identità critica, impegnata, dunque, a calarsi nella concretezza dell’opera complessiva di un artista «va inquadrata – scrive Massimo Bignardi nel saggio storico-critico – la vicenda di Olga Napoli la cui esperienza artistica s’intreccia con quella umana e con gli eventi e le problematiche interne alla società salernitana tra le due guerre e il primo decennio della ricostruzione, operata immediatamente dopo il 1945: una esperienza la sua che, se nei primi anni di attività espositiva trova simmetrie con altre personalità, si fa subito percorso autonomo, proiettato verso un confronto con altre realtà nazionali. La sua, sin dalle prime partecipazioni a mostre collettive, si delinea come una scelta di professione, con una chiara identità all’interno della giovane compagine che si presenta alla “II Mostra d’Arte Salernitana”, ospitata nel nuovo plesso del Liceo ginnasio “T.Tasso” di Salerno, nella primavera del 1933 [...]Una ‘nuova realtà’ di artisti e di artiste che, fatta eccezione per Manfredi Nicoletti attento ad esiti più coraggiosi e meno demagogici del Novecento italiano o a Biagio Mercadante sostanzialmente legato all’ambiente artistico napoletano più colto – penso ad Eugenio Viti –, declineranno una pittura velata da atmosfere intimiste, da una figurazione intrisa di un gusto umbertino, di un ampolloso classicismo, oppure com’è nel caso delle esperienze di artiste, ferma ancora a ripetere imagerie proprie dei maestri locali [...]. A distanza di oltre cinquant’anni dalla morte, avvenuta nella sua casa romana nel 1955, questa prima esaustiva retrospettiva tenta di ricostruire i tratti fondamentali della vicenda artistica di Olga Napoli, partendo dal confronto diretto e dall’analisi del vasto patrimonio di opere, in gran parte inedite o poco note, conservate dagli eredi: un fondo composto da circa duecento dipinti distribuito tra Genova e Salerno dal quale provengono tutti quelli, o quasi, che danno vita a questa mostra e qui documentate. È la ricomposizione di un mosaico che segue la lettura in presa diretta delle fonti primarie, vale a dire i dipinti, i disegni, mettendole a confronto con la documentazione, con i cataloghi, con le brevi recensioni apparse sui quotidiani del tempo o con le testimonianze di figure della cultura salernitana [...] È un mosaico che segue la traccia offerta dal certosino lavoro di catalogazione condotto in questi anni, senza cedere alla celebrazione anzi con estremo rigore filologico, dalle figlie Rosa e Carmela Avagliano, al quale va ad aggiungersi la verifica della cronologia condotta da chi scrive sulla base di un’attenta analisi comparativa che ha permesso la compilazione di un catalogo parziale, al quale, in futuro, potranno andare ad aggiungersi le opere vendute dall’artista, sparse tra Milano, Torino, Bari la cui collocazione è, ad oggi, sconosciuta. [...] ».
Dal percorso espositivo, continua Bignardi, tracciato da settanta dipinti, in gran parte provenienti dalle collezioni degli eredi distribuite tra Salerno e Genova, emerge il profilo di «un’artista pienamente consapevole del suo lavoro, sostenuta dalla creativa imprenditorialità di Vincenzo Avagliano che sposerà nel 1949, interessato, proprio perché anche giornalista, all’uso intelligente ed attivo della comunicazione a mezzo stampa ma anche al cinema, insomma a tutto ciò che immetteva l’esperienza artistica e il suo prodotto nel circuito della promozione. Questo accadeva in un contesto sociale e culturale segnato dalla volontà o, meglio, dalla necessità di rinascita che soffiava sul Mezzogiorno all’indomani del 1944, ovvero da quando a Salerno s’insedia il governo Badoglio, primo passo verso la ritrovata libertà. Un contesto che, nel giro di pochi anni – a partire dalle mostre della Ricostruzione, del 1946 e poi del 1947 inaugurata da De Gasperi – e per l’intero decennio Cinquanta, registrerà l’avvio e lo sviluppo dell’economia salernitana e non solo».
La sua pittura, negli anni di maggiore vitalità, vale a dire all’alba del decennio Cinquanta, registrerà una rinnovato impaginato, segnato da una nuova tavolozza ove il colore perde l’impronta locale tanto meno asseconda modulazioni chiaroscurali tendenti a definire i volumi, racchiusi in un ben costruito disegno di fondo, bensì si fa schermo che riflette e spande liberamente la luce, «dando ad essa – conclude il critico – una forza di matrice espressionista che l’avvicina agli impianti degli interni di Francesco Menzio, a tal proposito penso a Finestra con figura, dipinto esposto da quest’ultimo in occasione della Mostra dell’Arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia, del 1953, nella quale la Napoli sarà presente,con la tela Costiera di Amalfi. Una costruzione per piani che si fa raffinatissima nelle due versioni di Rotonda balneare e in Alba rosa, tutte del 1952 ed esposte nella personale al Circolo degli Artisti di Torino, nel maggio del 1953: qui la pittura dell’artista salernitana raggiunge il punto di maggiore contatto con la cultura figurativa italiana più aggiornata che traeva nuova linfa dalla riscoperta dell’esperienza fauve, facendo raggiungere al colore una massima luminosità cifra di una felicità interiore, ad una gioia esplosa quale manifestazione di un originario prendere conoscenza del mondo».
OLGA NAPOLI nasce a Salerno il 2 luglio 1903, da Michele, di professione orafo, e Carmela Di Giovanni. Prima di quattro fratelli, la sua fanciullezza è segnata da molti lutti; perde infatti la madre e due fratelli ed è affidata alle cure degli zii Rosa Napoli e Giuseppe Cunzolo. A sette anni viene mandata in collegio, da cui uscirà ventenne, nel 1923, dopo aver conseguito all’Istituto Magistrale “Regina Margherita” la licenza e il diploma di abilitazione all’insegnamento elementare. Nel 1925 sposa Attilio Argenziano e si trasferisce per due anni a L’Aquila .Nel 1932 espone per la prima volta i suoi dipinti in occasione della Mostra d’Arte promossa dal Circolo “Donne Artiste e Laureate”; nel 1933 partecipa alla II Mostra Salernitana d’Arte, allestita presso il Liceo Classico “Torquato Tasso” di Salerno, mentre del 1935 è la presenza alla Mostra Annuale d’Arte del Circolo Artistico “Gaetano Esposito” ove, nel 1942 tiene una personale esponendo ben trentotto lavori. Del 1944 è quella allestita nei locali della Croce Rossa Italiana di Salerno ed inaugurata il giorno 12 febbraio, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Maresciallo Badoglio e dal Governatore Militare Alleato, Colonnello Robertson. Nel 1947, espone alla II Rassegna della Ricostruzione, organizzata a Salerno. Nel 1948 è invitata alla I Mostra Annuale Nazionale d’Arte, organizzata a Cava de’ Tirreni; nello stesso anno muore il marito, Attilio Argenziano.
Il 16 aprile del 1949 sposa Vincenzo Avagliano nel Municipio di Salerno; del 1950 è la personale alla Galleria ‘La Tavolozza’ di Napoli; in agosto partecipa al IV Premio Nazionale di Pittura ‘Michetti’ di Francavilla al Mare. Nel 1951 è presente alla I Mostra di Pittura ‘Maggio di Bari’, ed è nuovamente invitata al Premio Nazionale di Pittura ‘Michetti’, di Francavilla al Mare. Nel 1952 si apre a Milano la mostra personale, presso la Galleria Gavioli con quaranta opere esposte; nel 1953 sue opere sono presenti nella Mostra L’Arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia, allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Alla fine di maggio dello stesso anno tiene una personale al Circolo degli Artisti di Torino, nella Saletta della Tampa. Sempre in maggio, prende parte alla Mostra del Premio Manerbio, che si tiene a Roma, in Palazzo Venezia, e in estate partecipa al VII Premio Nazionale di Pittura ‘Francesco Paolo Michetti’, a Francavilla al Mare. Nel 1954 è tra i selezionati della Biennale di Venezia, mentre in giugno prende parte alla II Rassegna del disegno italiano contemporaneo, allestita nelle Logge degli Uffizi, ed espone all’VIII Premio Nazionale di Pittura ‘Michetti’, a Francavilla al Mare. Il 15 maggio del 1955 si spegne nella sua casa romana.
Per informazioni
Per informazioni
Allegati
Allegati
A cura di
A cura di
Informazioni
Informazioni
Luoghi
Luoghi